
Autore: Antonio Scicchitano
Data di pubblicazione: 07 febbraio 2022
Che cos'è l'inflazione?
L’anno appena trascorso ha risentito in maniera piuttosto pesante dell’inflazione, innalzatasi mediamente del 5,8% nella zona Ocse, cioè quella che riunisce i Paesi più sviluppati; una crescita sicuramente da non sottovalutare, soprattutto se si considera che una impennata così drastica non si era mai verificata negli ultimi venticinque anni. Anche in Italia i dati non sono confortanti: nel mese di novembre l’aumento ha sfiorato il 3,7% nell’arco di un anno.
Per comprendere a fondo perché questi dati risultino poco rassicuranti e quali possano essere nello specifico le ripercussioni delle fluttuazioni dei prezzi per i consumatori è necessario a questo punto partire dal principio, facendo luce sul concetto di inflazione.
Cos’è l’inflazione?
Si parla di inflazione quando si verifica una progressiva crescita del livello generale dei prezzi nel tempo; questo fenomeno innesca circolo vizioso piuttosto pericoloso, dato che ad un aumento dei prezzi corrisponde una perdita di valore della moneta. Senz’altro ricorderai come con cento euro una volta compravi molte più cose rispetto ad oggi, e se a questo aggiungiamo il fatto che non sempre gli stipendi vanno di pari passo con l’aumento dei prezzi (anzi, purtroppo nella maggior parte dei casi gli stipendi rimangono pressoché invariati nel tempo), l’inevitabile e triste risultato è una drastica perdita di potere d’acquisto.
Il valore dell’aumento dei prezzi è quantificato mediante il tasso di inflazione, una percentuale che esprime la variazione su base annua. Questo significa, naturalmente, che quel 5,8% che abbiamo accennato all’inizio fa riferimento al tasso del periodo novembre 2020-novembre 2021.
E’ importante sottolineare che un tasso d’inflazione basso è certamente un fenomeno non soltanto fisiologico ma anche desiderato, essendo un presupposto necessario per una crescita equilibrata dell’economia e dell’occupazione, mantenendo una relativa stabilità dei prezzi; ad esempio, la Banca centrale europea ha individuato in un tasso del 2% la soglia di sicurezza.
Come si calcola l’inflazione?
In Italia il tasso di inflazione è calcolato dall’Istat, l’istituto nazionale di statistica, che calcola un paniere complessivo di beni e servizi che sia rappresentativo dei consumi reali delle famiglie, stimando in maniera quanto più realistica possibile il prezzo di ciascun elemento per determinarne l’effettivo peso sul portafoglio dei consumatori. Dall’osservazione di questi dati scaturisce un indice che esprime la media dei prezzi dei beni al consumo ponderata con l’incidenza di ciascuno sul loro insieme. Dalla differenza percentuale tra i diversi indici nel tempo si ricava infine il tasso di inflazione
Ogni mese l’Istat calcola tre indici e la loro rispettiva evoluzione:
- il Nic, l’indice nazionale per l’intera collettività, una fotografia del fenomeno sull’intero sistema economico italiano;
- Il Foi, l’indice per le famiglie di operai e impiegati, il Foi, che descrive i prezzi al consumo per le famiglie dei lavoratori dipendenti;
- l’Ipca, l’indice armonizzato dei prezzi al consumo, che compara l’inflazione italiana con quella del resto dell’UE.
Perché l’inflazione è cresciuta?
Le cause dell’aumentata inflazione sono generalmente due: un innalzamento dei costi di produzione oppure una maggiore domanda, con possibilità di sovrapposizioni dei due fenomeni e quindi una moltiplicazione degli effetti; il fenomeno innescatosi nello scorso anno sembra proprio rientrare in questa casistica. In particolare, il settore economico che maggiormente ha inciso è quello della produzione di energia: Inizio modulo
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rispetto all’anno prima, i beni energetici hanno subito un aumento dei prezzi del 30,6%, una impennata vertiginosa da ricercarsi nella mancanza di risorse. Le riserve di gas naturale in Europa sono infatti ai minimi storici, considerando che la Russia che ha ridotto la propria fornitura e, per la vecchia legge dell’economia, allo stesso tempo aumentato i prezzi.
Anche le banche centrali hanno in qualche modo avuto un ruolo nella crescita dei prezzi, poiché nel tentativo di rilanciare le proprie economie e far fronte alla pandemia sono state applicate le cosiddette politiche di “allentamento quantitativo”, contribuendo ad immettere nuovi fondi nel sistema con l’acquisto di titoli da parte degli istituti centrali. Ma se ci sono più soldi in circolazione cresce la capacità di consumo e quindi la domanda, risultando in prezzi più alti; insomma, un serpente che si morde la coda.
Sicuramente, l’attuale momento di grave crisi provocato dalla pandemia ha acuito un fenomeno a tutti gli effetti preesistente (non dimentichiamo il terremoto finanziario globale del 2008); le misure atte a tamponare questo problema potrebbero trovarsi nell’applicazione di politiche monetarie espansive; tali politiche potrebbero rappresentare la chiave per non soffocare la ripresa, sostenendo al contempo la crescita.
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